Luigi Valli, discepolo di Pascoli, ma già prima di lui autori
dell’importanza di Foscolo, Perez e Rossetti, teorizzò l’esistenza di una setta
composta da alcuni autori stilnovisti, fra cui lo stesso Dante Alighieri, uniti
da un comune lessico segreto e magico che solo gli appartenenti conoscevano ed
usavano. Nel suo libro “Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore”,
pubblicato nel 1928, Valli, infatti, espone una visione esoterica di alcune
opere di questi poeti che attribuivano un senso diverso alle medesime parole e
un significato simbolico a numeri e colori: il bianco e il rosso, per esempio,
di cui è vestita Beatrice nelle due occasioni in cui incontra il "Sommo
Poeta", non sarebbero altro che due delle tre gradazioni in cui la materia
si trasforma durante i passaggi alchemici, il primo starebbe ad indicare
l'elemento purificato, mentre il secondo la veste regale, ma assieme anche i
colori della rosa mistica del Libro dello Splendore che rappresenta la comunità
del popolo di Israele.
Luigi Valli (Roma 1878-Roma 1931) |
Ezio Anichini, Dante e Beatrice, Vita Nova |
Dei Fedeli d'Amore si ricordano due importantissimi testi, i
"Feudi d'Amore" opera di Giacomo di Baisieux della metà del XIII
secolo, e i "Documenti d'Amore" scritto da Francesco da Barberino fra
il 1308 e il 1313, e quindi nel pieno del processo ai Cavalieri Templari a
Firenze. Il primo è un vero e proprio manuale che tratta della Confraternita e
della sua organizzazione: si scopre che chiunque può farne parte, al momento
dell'iniziazione si riceve un bacio (simbolo per eccellenza dell'Amore), che i
membri devono proteggere se stessi e la Confraternita, ma solo con le parole, uniche
armi da usare, che esistono per questo anche un vincolo di segretezza e
affiliazione per tutta la vita (anche se sappiamo che un certo Bacciarone di
messer Baccone ne è uscito e che scrisse con parole molto dure e aspre contro
la "Setta d'Amore" come lui la definisce, perché porterebbe una
dedizione totale fino al completo abbandono di amici e parenti), e anche una scala
gerarchica di conoscenza. Il secondo libro, invece, visto anche il periodo
piuttosto difficile in cui è stato scritto, è una summa dello scibile
riguardante la confraternita ma molto più criptico, in cui vengono esplicati,
attraverso soprattutto delle illustrazioni, la Natura dell'Amore e i gradi
dell'iniziazione.
Francesco da Barberino, Documenti d'Amore |
Ma chi erano e cosa credevano questi adepti? Accomunati da
una ispirazione amorosa, e per questo devoti ad una Donna, questi studiosi attraverso
"Amore", cercavano di arrivare alla Sophia, Sapienza eccelsa e
tramandata, ma nascosta da un velo per impedire a chi non è degno di poterla
vedere, una conoscenza che è totale, che si fa comprensione della Natura e di
tutto quello che circonda l'essere umano che ne fa parte. Fulcro e veicolo di
questo lungo cammino è appunto la Donna che altro non è che portatrice di
Amore, inteso però non come il sentimento che unisce due persone, ma come A
(privazione) e MORS (morte), ovvero privazione della morte e quindi eternità,
perché la Sapienza è qualcosa che non finisce ma che continua in eterno,
tramandata ai discendenti degni di poter arrivare alla Somma Conoscenza.
Rappresentazione della Sophia, Libreria di Celso, Efeso |
Donna per eccellenza è Beatrice, amata da Dante fin dal primo
momento in cui l'ha vista. Nella Vita Nova il Poeta ci racconta che già al
momento della sua nascita, seppur anche lui in fasce, ebbe un
"sussulto", quasi a prevedere quello che sarebbe accaduto; e il
"tremore" che avrà alla sua vista è facilmente riconducibile allo
stesso effetto che i poeti ermetici usavano per indicare l'illuminazione
divina. Probabilmente portatrice di beatitudine, come può far comprendere il
suo nome, la donna incontrerà Dante due volte, la prima quando ha nove anni e successivamente
nove anni dopo. La donna morirà il nono giorno del nono mese dell'anno in cui
nove volte è compiuto il numero perfetto tre. È ben evidente il profondo e
deciso significato simbolico di questi importanti avvenimenti, perché il tre è
il numero che indica la Trinità, e quindi per questo considerato perfetto,
mentre il nove, che è tre volte tre, arriva a rappresentare la perfezione "assoluta".
Ma proprio la morte di Beatrice è l'elemento cardine da cui poter ben ritenere
che quella creatura di cui parla Dante non sia qualcosa di reale, ma un
percorso iniziatico mistico e sapienziale di cui Beatrice è appunto il mezzo
per arrivarci e la sua dipartita starebbe ad indicare la fine di tale cammino. Nella Vita Nova il Poeta non fa
neanche un breve accenno a tale evento, anche se per sua stessa ammissione
l'opera ha come argomento principale la sua esistenza e quindi ciò che di importante
è accaduto. Non solo. Ci dice che non ne può parlare perché non esistono parole
(o meglio Lui non riesce a trovarle) per poter descrivere quanto accaduto, ma
soprattutto che parlare della perdita di Beatrice significa parlare di se
stesso e della sua fine. Ma se Dante è ovviamente ancora vivo come può dire che
parlare della morte della donna sia raccontare della sua fine? E se quella
scomparsa non fosse reale ma simbolica? Il segno della fine del suo viaggio
(spirituale) verso la Sophia? E quindi la Donna non sia un entità reale e vera
ma un essere celeste e un mezzo per arrivare alla sua obiettivo?
Incontro immaginario fra Dante e Beatrice |
Nessuno al momento è in grado di fornire risposte e
spiegazioni esaurienti a queste domande che possano dare certezze e chiarimenti
sul vero significato delle opere e della vita non solo di Dante ma anche di
molti altri letterati a lui legati. Numerose e indubbiamente plausibili sono le
opinioni date finora da studiosi della materia e della Confraternita, ma
nessuna ancora riesce a dare una interpretazione che possa colmare e soddisfare
appieno questo misterioso argomento. Non ci resta altro che continuare a
leggere e studiare questi scritti e sperare di riuscire a trovare una chiave di
svolta che possa mettere finalmente un punto sulla questione.
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