mercoledì 8 gennaio 2020

Le Madonne del parto

Articolo già pubblicato sul Blog Le Vie della Conoscenza

Quello delle Madonne del Parto è un tema molto complicato e difficile da affrontare, sia per la complessità e la molteplicità delle letture e supposizioni che per i collegamenti con altre problematiche simili, ma anche per la scarsità di documenti certi da proporre a supporto di tali teorie. Ma proviamo a vederlo assieme.
È una raffigurazione che si trova principalmente in Toscana almeno fino ad oggi e in un periodo di tempo abbastanza limitato che va dall’inizio del XIV secolo, per poi cominciare ad affievolirsi nel secolo XV fino a terminare con la celeberrima opera di Piero della Francesca a Monterchi nella provincia aretina (1455-65 circa). Questo periodo circoscritto, (e lo vedremo), ha sicuramente un significato e una motivazione che deve essere ricercata anche (ma non solo), nel rapporto che queste opere pittorico-simboliche avevano con l’Ordine dei Cavalieri Templari, soppressi nel 1312 per volere di Clemente V.

Icona Maria Platytera

La Madonna del Parto ha origine dalla cosiddetta Maria Platytera (letteralmente “più ampia”), un’icona bizantina dove la Vergine appare in piedi, con le mani in preghiera e sul petto un clipeo (una sorta di scudo) raffigurante il Bambino Gesù che benedice: fra i due non ci sono rapporti come invece accade per esempio nelle varie Maestà, inoltre Gesù si trova in una posizione assiale rispetto alla Madre. Ma, al contrario di queste opere, le Madonne incinte non mostrano il Bambino bensì una rotondità del ventre della Vergine, più o meno pronunciata, messa in evidenza, fra l’altro, dalla cintura che racchiude l’abito posta sotto il seno. Il messaggio a livello intuitivo era piuttosto chiaro con ovvio riferimento al fatto che la Vergine Maria veniva raffigurata per la prima volta come una donna come le altre per similitudine biologica.
Bernardo Daddi, Madonna del Parto, Firenze, chiesa di San Francesco di Paola
Maria in questa iconografia tiene nella mano sinistra, (solitamente quella con cui sorregge il Bambino), un libro chiuso, chiaro significato del Verbo quando ancora la Parola di Dio non si era manifestata, appoggiato al grembo, quasi a volerlo proteggere. Vi è una sola anomalia a questo schema, ossia l’opera attribuita a Bernardo Daddi e conservata al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, dove il libro che tiene in mano la Vergine è inspiegabilmente aperto per una evidente diversa chiave di lettura o se preferiamo un diverso messaggio simbolico. La sua veste è di color rosso ricoperta da un mantello blu, come del resto tutte le altre Madonne del Parto, ad eccezione di quella (sempre attribuita a Bernardo Daddi) che si trova nella chiesa di San Francesco di Paola nella omonima piazzetta a Firenze. Qui Maria, al contrario, ha il manto bianco con un orlo di verde marino, mentre restano invariati sia la veste rossa che il libro chiuso.
Questi due colori possono essere letti  anche con un significato di tipo alchemico che rimanda a due dei tre colori, e quindi le fasi, che danno vita all’Opera nel processo di trasformazione degli elementi: se il primo è il Nero, dove la materia è ancora dissoluta e oscura, (forse anche come il Blu dei manti delle altre Madonne), il Bianco è la materia purificata che viene fuori pronta per essere plasmata della veste regale, purpurea, ossia il Rosso.
Piero della Francesca, Madonna del Parto, Montughi
Se andiamo a vedere altre opere o altri raffigurazioni possiamo notare che questi tre colori che potremo tranquillamente definire ricorrenti, sono anche quelli che caratterizzano la simbologia e i vessilli dei Cavalieri Templari, riconoscibili  proprio per una Croce patente rossa in campo bianco e nero. Ma non solo. Anche le donne degli appartenenti ai Fedeli d’Amore, un gruppo di letterati, di cui ricordiamo fra i più famosi Dante Petrarca e Boccaccio, attraverso un linguaggio criptico segreto, trasmettevano la vera Sapienza solo per pochi eletti, vestendo proprio di questi tre colori. Questi poeti–scrittori, consideravano l’Amore come una pura indiscussa fonte di energia che da movimento ed equilibrio a tutto l’Universo,  trasmettendolo verso le donne che stimavano e amavano come veicolo primario di una via iniziatica che le avrebbe condotte fino al raggiungimento  di una  più pura e alta Conoscenza. In altre parole, donne come Beatrice o Laura nella realtà, secondo una teoria relativamente recente, sono sarebbero mai esistite ma rappresenterebbero soltanto il filosofico viatico per giungere a tale sublime mèta. Ma questo lo vedremo in un altro più approfondito articolo.
Non è ancora tutto. Vi è un’idea, quasi coeva a quella dei Fedeli d’Amore di un sacerdote cattolico, tale Robert  John, in cui si sostiene l’esistenza di numerosi indizi che porterebbero a pensare che lo stesso Dante sarebbe stato con ogni probabilità molto vicino all’Ordine dei Cavalieri Templari: nei testi del Sommo Poeta infatti sarebbero molti gli elementi che proverebbero l’esistenza di un linguaggio e di una conoscenza segreta, rivelata attraverso allegorie e simboli e che soltanto altri Fratelli del suo pari sarebbero in grado di comprendere.
Stemma dell'Ordine dei Cavalieri Templari

In quest’ottica la Madonna del Parto diverrebbe immagine iconografico - simbolica del Fiore Sapienziale, lo stesso Fiore che per i Fedeli d’Amore era il Giglio e che si trasforma poi nella Rosa bianca e rossa che nella tradizione islamica, rappresentava l’Armaiti  termine che introduce l’iniziato nei filosofici giardini dell’estasi.  Nella tradizione cabalistica, invece, la rosa bianca e rossa era simbolo dell’ultima emanazione divina (Scheckinah), avente caratteristiche  simili se non uguali alla  Beata Vergine. Lo stesso Dante associa il fiore a Maria, immagine della stessa Chiesa e della candida rosa dei beati.

La mistica Rosa
La Vergine incinta, nelle opere delle Madonne del Parto, apparsa curiosamente poco dopo la soppressione dell’Ordine  avvenuto nel 1312, può essere anche vista e interpretata come una sorta di “contenitore” della Sapienza, che in quel periodo per ovvie ragioni, non poteva essere manifestata ma che certamente era sottesa e ancora sopravviveva, tenuta al sicuro nel ventre di Maria. Solo in “tempi migliori”, quando l’ordine templare vide lo sviluppo e la confluenza in altre forme  associative, il messaggio primario che essa comunicava tese a scomparire assieme a questo tipo di raffigurazione iconografica piuttosto particolare.

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