Leggenda e verità di un'antica tradizione fiorentina
Più o meno tutti, anche quelli che non sono fiorentini,
conoscono lo Scoppio del Carro, la tradizionale manifestazione fatta davanti al
sagrato del Duomo per il giorno di Pasqua, in cui una colombina, partendo
dall'altare della Basilica, spinta da un po' di polvere da sparo, arriva al
carro accendendolo e dando avvio ad uno spettacolo pirotecnico, per poi tornare
da dove era partita: si dice che se il "viaggio" è senza intoppi il
raccolto per quell'anno sarà buono, al contrario, se è interrotto e si ferma,
ci sarà magra.
Lo Scoppio del Carro a Firenze di fronte al Duomo il giorno di Pasqua |
Non ci si deve meravigliare che queste cerimonie abbiamo una
valenza sociale legata all'agricoltura, il raccolto era una degli aspetti più
importanti della vita, anche nel non tanto lontano passato, e da esso dipendeva
il prosieguo della società, così le popolazioni cercavano di ingraziarsi Madre
Natura e di prevedere cosa sarebbe accaduto.
Stemma della famiglia Pazzi |
Ma da dove nasce questa tradizione? La leggenda racconta che
Pazzino de' Pazzi, reduce della Prima Crociata in Terra Santa, fosse tornato
con le pietre del Santo Sepolcro e che per festeggiarlo vista la sua impresa
leggendaria, i fiorentini avessero costruito per lui un carro su cui trasportarlo
in trionfo per la città. All'epoca degli eventi, si raccontava infatti che
l'uomo, sotto la guida di Goffredo da Buglione, fosse stato a capo di un folto
contingente fiorentino e che fosse stato il primo ad entrare a Gerusalemme
issandovi il vessillo crociato. Per questa sua azione Goffredo gli avrebbe
conferito la «corona murale», un aureo riconoscimento di origine romana che
spettava a colui che per primo aveva varcato le mura nemiche, il diritto di
fregiarsi del proprio stemma (ossia cinque croci e due delfini in campo
azzurro) e tre piccole pietre appartenenti al Santo Sepolcro.
Schema della Tomba di Gesù a Gerusalemme |
A Firenze
Pazzino, fu così accolto in modo trionfale e i pezzi di pietra posti prima nella
chiesetta di S. Maria sopra Porta, ampliata e dedicata poi a San Biagio e
infine soppressa nel 1785, e successivamente trasferiti in quella dei Santissimi
Apostoli dove tuttora sono conservate. A Gerusalemme era usanza per i crociati
recarsi il Giovedì Santo nella chiesa della Resurrezione dove in preghiera
consegnavano a tutti quelli che vi partecipavano il fuoco benedetto in segno di
purificazione dei peccati. Così il ritorno di Pazzino introdusse a Firenze il
costume per il Sabato Santo di recarsi in Duomo e dal fuoco benedetto che
ardeva accendere una fecellina, ossia una piccola torcia, con cui portare il
fuoco sacro nelle case dei fiorentini, spente in segno di lutto dall'imbrunire
del Giovedì Santo. Piano piano la celebrazione diventò sempre più articolata,
fino a far trasportare il fuoco in un carro, dove, su di un tripode, ardevano i
carboni infuocati e durante il Pontificato di Leone X (della famiglia de'
Medici) fu aggiunta anche la colombina con un ramoscello di ulivo nel becco. L'abitudine
è rimasta in voga da allora, tramandata di generazione in generazione, dalla
famiglia Pazzi, da quella dei Medici, dalla Repubblica Fiorentina e infine dal
Comune della città.
Il Fuoco Sacro conservato nella chiesa dei SS Apostoli in piazza del Limbo a Firenze |
Ma cosa c'è di vero in questa storia? Purtroppo poco. La
prima è che non ci sono documenti che comprovano la partecipazione immediata
dei fiorentini alla Prima Crociata, ma solo a partire dall'anno successivo, cosa
che renderebbe impossibile il primato di Pazzino di aver varcato le mura
nemiche. La seconda, molto più importante, è che nel Santo Sepolcro, né tanto
meno nelle zone attigue, non c'è traccia di alcuna pietra focaia, bensì solo
sul Monte Uliveto. La possibilità che quelle schegge siano in realtà
un'invenzione della famiglia Pazzi è piuttosto alta, tanto più che lo stesso
Palazzo Vecchio è costruito con questo tipo di pietra. E perfino la scelta
dello stemma da parte di questa famiglia è motivo di controversia: alcuni
storici affermano che cambiò il suo antico stemma (tre lune rosse e tre
turchine in campo bianco), non in seguito alla concessione del Buglione, bensì
da quella concessogli dai duchi di Berry, dopo la campagna angioina in Italia
meridionale nel 1266.
Che dire? Il fascino e la suggestione di sì tanto spettacolo
restano, e l'evento è seguito da fiorentini e turisti accalcati nella speranza
di vedere qualcosa e anche in diretta dalle televisioni. Ma quello che più conta
è che il tragitto della colombina sia senza intoppi... anche perché non si sa
mai... come si dice a Firenze "Meglio aver paura che buscarne"... nel
lontano 1966, anno dell'alluvione, il dolce bianco uccellino ebbe notevoli
problemi durante il suo viaggio... ed è bene che non si ripeta!
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